A casa di Marco
20 Marzo 2000
Quello che segue è il resoconto di 2 ore di chiacchierata con Marco Parente ed Erika Giansanti, durante le queali abbiamo cercato di toccare i punti più disparati per avere, prima di ulteriori e futuri approfondimenti, una visione generale dell'artista.

Iniziamo dalle cose banali, come hai iniziato?
Ho iniziato suonando con gli Otto p notri e poi ho avviato la collaborazione con Andrea Chimenti al suo primo ed ultimo disco.

Non ero felice: i rapporti cominciavano a non soddisfarmi più. In un momento particolarmente buio ho preso coraggio e, qui in casa, su 4 piste, ho emesso le prime cose. Ho provato a scrivere in prima persona le canzoni, quindi anche la melodia. Scrivere, ho sempre scritto: non i testi, ma le musiche.

Mi ero posto il limite del canto: mi ritenevo stonato ed avevo bisogno di altri che interpretassero quello che scrivevo. Questo filtro, alla fine, non ha più funzionato e mi sono esposto in prima persona.

Ho iniziato in cuffia, porta chiusa, per non farmi sentire; riascoltandomi, fin dalle primissime idee, mi sono parso credibile e questa molla ha fatto scattare tutto. Vedevo che c'era molto da lavorare, ma la strada era quella giusta. E' venuto fuori tutto quello che avevo da dire e che, fino ad allora, era stato tenuto dentro. O implodeva, o esplodeva: fortunatamente per me, è esploso. Mi sono chiuso in casa a provare, a lavorare, a capire come ero fatto io, che potenziale avevo, a scoprire la voce, che è lo strumento più fisico che uno ha. Nel momento in cui erano pronti i pezzi, c'è stata l'esigenza di suonarli dal vivo e di lavorare con altre persone.

Ho iniziato con Gionni (Dall'Orto, ndA) al basso, poi si è aggiunto un batterista, Erika alla viola, il trombettista, Paolone (Clementi, ndA) che in principio doveva essere un chitarrista e che poi è diventato la seconda viola. In tutti i progetti che avevo affrontato in precedenza non ero mai arrivato ad una soluzione discografica.

Invece, con Eppur non basta, dopo un anno e tre apparizioni è arrivato il contratto discografico con il CPI, con il quale avevo avuto contatti anche ai tempi della collaborazione con Andrea. Siamo entrati in studio e, in una situazione di massimo low-budget, in 22 giorni abbiamo registrato e missato il disco. Eppur non basta è stata una fotografia di quello che è stata la scoperta della voce, dello scrivere canzoni e del mettere insieme delle persone. Una fotografia presa e messa lì, senza tanti ripensamenti come invece ci sono stati in Testa, dì cuore, che è stato fatto con molta più calma, più ragionato a livello artistico. Ci sono stati tempi dilatati anche a causa dell'assorbimento della Polygram da parte della Universal e dello scioglimento del CPI, la data di uscita del disco è slittata.

Continuando sulle banalità: le tue influenze?
Mah...

Stai tranquillo, che non ti chiediamo niente di Jeff Buckley.
Buckley è stato importantissimo e lo è tuttora.

Adesso le influenze sono abbastanza inconsapevoli ed anch'io faccio fatica ad individuarle. Non che m'interessino particolarmente, però dopo che hai scritto molte cose hai difficoltà a riconoscerle. Posso dirti quello che mi piace, anche se magari non mi ha influenzato. Le cose del passato che ho metabolizzato e che mi hanno formato: Talking Heads e Talk Talk, che una volta abbandonata la parte commerciale hanno fatto dei dischi pazzeschi. Poi, i cantautori brasiliani, Veloso in testa.

Mi piace ascoltare delle belle canzoni, che purtroppo l'avvento del cd ha ridotto: non esistono più i grandi dischi belli dalla prima all'ultima canzone, ci sono soprattutto degli episodi sporadici, che però ben vengano se sono delle opere che portano avanti la struttura canonica di una canzone, se c'è una voce nuova, se c'è un modo diverso di assimilare le svariate musiche. Una cosa del genere, adesso, la sta facendo Beck, un po' alla David Byrne.

I Radiohead: Ok Computer è un disco che ho finito. E' strano come abbia messo d'accordo tutti pur essendo il più strano dei Radiohead.

Italiani? Non che ti abbiano necessariamente influenzato, ma che ti piacciono.
Sono molto legato a Cristina Donà. Secondo me ci siamo influenzati a vicenda, senza saperlo. Anche musicalmente abbiamo fatto un percorso simile. Durante la lavorazione degli ultimi dischi ci sentivamo e c'erano un sacco di coincidenze nelle cose che ci stavano succedendo nel bene e nel male. Ci siamo sentiti molto vicini.

Di Carmen ho sentito il nuovo disco e mi è piaciuto molto. Sui suoi dischi ho sempre avuto alcune perplessità, mentre dal vivo è grandiosa. Mi sono sempre sembrati molto di genere e non mi hanno mai convinto troppo, anche perché lei ha una potenzialità inespressa enorme. Te ne accorgi soprattutto quando fa le cover: si è creata un modo di cantare personalissimo ma sembra che lo stia trattenendo.

Passa suo padre...simpatico scambio di battute...
Ai tuoi genitori piace la tua musica?
Mio padre è un criticone, non gli va bene niente.

Ti hanno incoraggiato?
Si. Se faccio musica devo ringraziare soprattutto loro.

E' una tradizione familiare?
La mia è una famiglia di 'artisti'. Mio padre ha sempre dipinto. Mia madre è appassionata di musica e mio fratello ha fatto per molti anni teatro.

Da quando faccio le mie cose, poi, mio padre è molto partecipe: discutiamo della copertina, dei testi...non gli sta mai bene niente.

Tornando alla scena italiana: da fuori, si ha l'idea di una certa fratellanza tra artisti. Tu che collabori con la Donà, lei che collabora coi La Crus, loro che collaborano con Carmen che collabora con te... E' veramente tutto rose e fiori?
Non è mai rose e fiori, in nessuna famiglia. Come patina generale esiste un movimento che è dovuto al fatto che una serie di persone che hanno ascoltato musica americana o inglese, si sono ritrovati a lavorare alle stesse idee musicali nello stesso momento.

In Italia, questo movimento non è ancora al livello che a me piacerebbe. Sono nate molte amicizie e fratellanze musicali, però tutte ancora non sincere fino in fondo e trattenute da chi tende a scoraggiare queste cose: un personal manager o un discografico non hanno nessun interesse al fatto che cresca una 'scena'. Interessa che cresca il singolo artista.

M'immagino che il giorno che Parente, Donà e Scisma deciderano di fare un progetto assieme, la Emi risponderà agli Scisma: "Non chiedeteci soldi".

Io e Cristina siamo con delle indipendenti che capiscono e vivono delle stesse cose.

Sembra, infatti, che la "scena" ruoti intorno alla Sonica e alla Mescal.
C'era anche la Cyclope, dove c'è Carmen. Lei è un po' una cosa a sé perché fa della musica "alternativa" e si permette di farla a Sanremo. Questo la mette in una posizione molto particolare.

Ci andresti mai a Sanemo?
Hai voglia!

Non avrei nessun problema. La prendo come una vetrina e, comunque, propongo quello che mi va di proporre. Scrivere una canzone apposta, come fanno in molti, non avrebbe senso. Se ti danno spazio in quell'ambito, che è enorme, di fare quello che hai sempre fatto e se hai la coscienza a posto, non ci vedo niente di male, anzi...può essere anche divertente.

Mi sembra ridicolo che si stia ancora a creare delle barriere in questo ambito.

I Subsonica sono stati attaccati per essere andati a Sanremo. Anche prima che si esibissero. (Adesso è Erika che parla, ndA) Gente col paraocchi, e col paraorecchie.

Oltretutto, la loro canzone si discosta dalle altre in gara.
In effetti, non vedo cos'abbia meno delle altre che hanno scritto, anzi... (Erika) E' bellissima.

Magari seccava vederli a Sanremo Notte coi Fichi d'india.
Queste cose, comunque, una volta che uno intraprende la carriera del musicista, le deve accettare.

Mi riferivo ai fan...
Sinceramente, di certi tipi di fan faccio volentieri a meno.

Anche ai CSI successe la stessa cosa: dopo che fecero la spalla a Jovanotti ci furono polemiche per mesi.

(Erika) Nella musica ci sono sempre stati i "partiti", fin dagli anni '50, i rockets e i mods, schierati uno contro l'altro.

(Marco) La politica della musica è la cosa che rovina la musica.

Ci ricordiamo un tuo concerto a Grassina (FI) con Bollani (Stefano, grande pianista jazz, ndA) come uno dei più belli ai quali abbiamo assistito.
In effetti, la cosa ci ha molto stupito. E' andato oltre le nostre aspettative, comunque è stato registrato ed è un disco.

Solitamente i concerti questo tipo (Piano-chitarra-voce, nda) sono molto belli a livello artistico, però troppo seri. Quello invece...
(Erika) Loro invece sono due cazzari.

(Marco). Hai ragione. Anche a me da fastidio, e mi do fastidio anch'io alcune volte. Mi piacerebbe, per lo meno, avere il sorriso del divertimento quando sto suonando, anche se quello che sto cantando è drammatico. Molte volte lo spettacolo si è distinto proprio perché traspariva questo divertimento.

Ultimamente c'era una strana serietà e per questo non mi divertivo gran che. Con Stefano c'è stata una sorta di rinascita.

Come possibilità per suonare, a livello di posti attrezzati per la musica dal vivo, come stiamo?
Dovresti chiederlo a chi ha suonato molto di più, però con Eppur non basta abbiamo girato i locali del circuito... (faccia sconsolata)...

Abbiamo suonato tantissimo al sud e vedi che c'è un'attenzione completamente diversa, c'è fame di musica però non si accontentano di tutto.

Ricordo un concerto a Catania con gli Estasia e Ginevra (di Marco, ndA) in un giardino e la gente era calda, attenta e capiva...un gran pubblico.

Cosa ti spinge a scrivere una canzone? E' una cosa che non mi riuscirà mai.
Se te lo chiedi, non ti riuscirà mai.

E' l'amore per la musica, mi piacciono le canzoni. Scrivo per comunicare. Nel momento in cui scrivo faccio un dialogo con me stesso, quando ha una forma m'interessa suonarla dal vivo.

Come nasce una canzone? Fai prima il testo o la musica?
Nascono separatamente. Scrivo molte cose senza la chitarra in mano, a volte anche in forma di testo. A volte immagino il ritornello. La musica nasce in maniera disimpegnata. Appena trovo qualcosa che mi ispira, provo ad abbozzare un cantato, apro il quadernino ed inizio a provare le varie soluzioni rispetto alla sensazione della musica, alla sua emozione, all'emozione delle parole.

Alla fine è molto matematico, lo capisci subito quand'è che funziona.

Qual è il punto più difficile del processo?
Adattare il testo alla melodia che hai già definito. Ultimamente sto scrivendo prima l'idea musicale e, contemporaneamente, scrivo le parole ispirandomi a quello che sto suonando. Così in 10 minuti fai una canzone, poi la limi e ci ritorni sopra.

E' importante il giudizio degli altri?
E' molto importante. Può anche influenzare molto. Io dal vivo guardo molto in faccia il pubblico: se, mentre canto, vedo facce perplesse, o sorridenti, be', m'influenza. Poi magari non corrisponde a verità: vedi uno e pensi "questo mi tira qualcosa", ed alla fine del concerto ti ringrazia. Come gruppo arrivi sempre fino ad un certo punto, manca sempre quel filtro che ti permette di arrivare fino alle altre persone. Questo te lo danno i commenti di queste persone.

Questo filtro però lo puoi avere fino a che hai un pubblico ristretto.
Certo. Quando vedi solo una massa di teste...

C'è chi sostiene che è meglio che gli artisti rimangano per pochi, perché con la celebrità si perde il contatto, c'è chi dice che l'artista si deve far conoscere da più gente possibile.
Probabilmente la verità sta nel mezzo. Magari le stesse persone che ti dicono che devi continuare ad avere davanti 20 persone sono le stesse che dicono ai Subsonica "Cazzo fate a Sanremo?".

Preferisco tentare l'altra strada. (Risate)

Esiste un momento in cui perdi il contatto, perdi di vista tutta una serie di cose che il "clubbettino" comporta. E' vero però che non è bello se ti autoghettizzi, o se ti ghettizzano. Conviene essere fatalisti in questo senso: sei gli U2, dovevi fare gli U2. Inutile dirgli "era meglio se rimanevate a suonare nei pub irlandesi": avevano quelle caratteristiche, quel potenziale, quella fortuna per diventare quello che poi sono diventati. Sono lì per quello.

E' comunque sempre meglio una via di mezzo: tendendo al grande ma senza perdersi di vista. Il rischio è di perdere la testa: non puoi sapere come reagisci al grande successo, alle persone che ti dicono che sei un dio. Non puoi saperlo finché non avviene. Ci sono persone che si sono sapute gestire rimanendo obiettivi, altre che sono state vittime del loro successo.

Dei tuoi album sei soddisfatto?
Sono soddisfatto perché ho fatto quello che, in quel momento, volevo fare. Senza grandi compromessi se non quello del buon senso. Li ho portati a termine anche con fatica, però sempre in maniera coerente con quello che avevo in mente. Fino ad oggi non mi sono sfuggito di mano. Poi prendo quello che mi viene dato indietro.

Nel caso di Eppur non basta, come primo disco, andava bene tutto. Anche se fosse andato male, mi sarebbe andato bene. Invece è andato bene, oltre le aspettative. Il secondo è un disco difficile, in tutti sensi. Il secondo disco è la dura prova, e io non credo di essere andato nella direzione che ci si aspettava, o per lo meno che i discografici si aspettavano, cioè verso una maggior comprensibilità del lavoro: avevo un'idea, e l'ho portata avanti in maniera estrema.

I compromessi che ho fatto ci sono stati perché non credevo di aver raggiunto lo scopo, ma non del tipo "che disco sto facendo?", "sto rischiando", "è un disco difficile" ... Era il disco che volevo fare. L'ho voluto più di Eppur non basta.

A conti fatti credo di non riuscire più a rifare, in termini di fatica, un disco come Testa, dì cuore, proprio come coinvolgimento dell'argomento trattato, dell'idea, del progetto musicale, di ciò che stava succedendo nella vita a me e alle persone con cui stavo lavorando: ha avuto un parto difficile. Non so se vorrei riscrivere un disco così, questo mi fa pensare di essere veramente soddisfatto di ciò che ho fatto.

Per quanto riguarda il fatto di riprendere le cose in mano, ho capito che Testa, dì cuore ha questa caratteristica: non è mai stato finito e mai sarà finito. E' apertissimo, vedo che ogni volta viene voglia di stravolgere le versioni dei brani. Quello che c'è sul disco è una parte di quello che può essere quel disco.

(Erika) Malleabile.

(Marco) Molto malleabile. E' molto condensato, ci sono moltissime idee, forse troppe, questo potrebbe essere un difetto. Viene quasi da pensare che Testa, dì cuore sia il disco dove ho messo dentro tutte le mie caratteristiche, dalla personalità all'approccio alla musica che da qui in poi possono diventare ognuna una strada diversa, per un disco o per una singola canzone. Lo stesso effetto mi faceva il disco Brilliant Trees di Sylvian. E' un disco strano, con un sacco di idee, e da lì in poi lui non ha fatto altro che sviluppare le singole idee di quel disco. Adesso ho molte canzoni nuove, che sono molto diverse: è cambiato l'approccio, sono mutati radicalmente i testi. Quasi come se stessi cominciando adesso ad imparare a scrivere canzoni, però ognuna ha un richiamo ad un pezzo in particolare di quel disco.

C'è qualche canzone che preferisci?
Di Eppur non basta direi Fuochi di fine millennio, di questo (Testa, dì cuore, ndA) dipende dai periodi, adesso è tanto che non lo ascolto.

(Erika) Ve la dico io: Il fascino del perdente.

Per noi è molto meglio dal vivo che su disco.
Ha più impatto.

(Erika) Sul disco non va ascoltata in cuffia. Le fruche iniziali sono un po' qua ed un po' la. Senza le cuffie l'impatto ti arriva centrale. Dell'altro album preferivo Sopra sopra, che poi è stata dimenticata. Anche Il mare si è fermato, è stupenda.

Comunque, in Testa, dì cuore è difficile scegliere un pezzo. A volte preferisci uno a volte un altro, a volte è meglio ascoltarlo tutto dall'inizio alla fine. Sale durante l'ascolto e quando finisce sei quasi sollevato. Io lo ascolto un po' da dentro, ma mi piace molto ascoltarlo da fuori, da punti diversi.

Tu che ci hai suonato, quando lo ascolti ti riconosci? Che effetto ti fa?
(Erika) Riascoltarmi nel primo disco non mi piace molto, perché avevo un'enorme timidezza. Nel secondo disco, invece, mi ha aiutato molto Marco.

Come ti inquadri nel panorama? Esempio: c'è chi ti ha definito "Deliziosamente obliquo" (Mucchio Selvaggio, NdA), mentre Benvegnù (Paolo, cantante degli Scisma, NdA) pensa che tu sia "Troppo più avanti".
[risate]

Non so che dire...Paolo, a volte, è imbarazzante....

(Erika) Secondo me la pensa come Benvegnù. Ci sono talmente tante cose nel suo lavoro che è difficile trovare da altre parti. Io dico spesso: "Ah, senti questo, somiglia a...". Con Marco, sarà che sono troppo coinvolta, ma non mi riesce.

Noi, in effetti, siamo rimasti folgorati dal tuo primo disco che ci sembrò, e ci sembra tuttora, diverso da qualsiasi altra cosa che abbiamo ascoltato.
Non so se è avanti o indietro. Però sono convinto che, soprattutto per Testa, dì cuore (che poi è il continuo di Eppur non basta, almeno nello stile) in Italia non è mai uscito un disco così. Questo crea una spaccatura ed un precedente, con tutti gli aspetti positivi e negativi. Può essere non capito.

Poi, prendi come esempio Ok Computer: è un capolavoro. Erano 10 anni che aspettavo un disco del genere, ed è un disco alieno, strano nell'approccio. Però è arrivato nelle sue intenzioni al 100%. Posso dire che magari Testa, dì cuore può aspirare ad una cosa del genere, però ha ancora molte cose trattenute o non portate avanti fino in fondo. Questo può creare una spaccatura, nel senso che il disco può essere un capolavoro o può essere non capito per niente.

(Erika) Comunque non è un disco facile. Ci vogliono molti più ascolti per capire Testa, dì cuore che per capire Eppur non basta, però una volta capito....

(Marco) E' molto più teso come disco, la tensione non cala mai, la tagli col coltello. E' un disco impegnativo, non è per tutti i giorni.

Te ne puoi innamorare però posso anche capire chi ne rimane infastidito, chi decide di stare dall'altra parte del vetro. Musicalmente, ci sono delle cose fuori di testa: per come si aggredisce la formula canzone, per come si è recettivi verso tutte le forme musicali. Un pezzo come Succhiatori, mette in difficoltà pure me. Quando lo sento mi domando: "che musica sto facendo?". Fortunatamente non è sperimentazione fine a se stessa. Il pezzo ha cose da dire, c'è dentro la sua musicalità, però mi lascia stranito. (Erika) In effetti, alcuni giorni non ce la fai a sentirlo

Sul disco che stai preparando?
Sono cambiate molte cose, anche personalmente. E' cambiato l'approccio ai testi, almeno mi sembra. La prima cosa che mi sono imposto è stata quella di non dare un'organicità al progetto, che tipo di titolo sarebbe adatto, di cosa voglio parlare, se voglio fare, come per gli altri, una scaletta che rappresenti una sorta di percorso. Ora sto semplicemente scrivendo, senza stare a pensare a queste cose.

Vorrei che fosse un disco di canzoni. Anche gli altri due lo sono, però prendono svariate strade, anche all'interno delle singole canzoni. Adesso vorrei mettere più a fuoco quello che c'è da dire ed ammettere che esiste un modo di scrivere canzoni: esiste una tradizione, che non è casuale, che si è consolidata ed è diventata un canone. A me interessa essere semplice con me stesso e di conseguenza con gli altri. E' cambiato molto l'aspetto negativo verso le cose, si è spostato l'interesse verso quella che io chiamo bellezza. Fino ad oggi non ho potuto fare a meno di essere colpito da cose negative. Siccome il bello esiste, adesso voglio parlarne. Vedo che stanno venendo fuori cose interessanti.

Mi sono imposto di sviscerare fino in fondo quello che sono in grado di fare con la voce e con la chitarra, senza pensare troppo agli arrangiamenti, senza pensare "tanto qui dopo ci metto questo e funziona...". Deve funzionare chitarra e voce, le parole devono essere talmente compatte che, quando andremo ad arrangiare, ci dovrà essere un certo rispetto.

I rapporti con la stampa?
Buonissimi. Mi hanno sempre trattato bene, fin dal primo disco. Trovo che sull'ultimo abbiano rischiato poco. A parte qualcuno, si sono mantenuti tutti sul vago, senza criticare. Penso che un disco difficile come questo andava aiutato un po' di più. Dalle recensioni ho notato che non si sono voluti compromettere più di tanto.

Alcune mi hanno convinto tantissimo, però, non dovrei neanche dirlo, visto come sono stato trattato, mi aspettavo quello che penso di questo disco.

(Erika) Lui non è insoddisfatto, il fatto è che la maggior parte, pur apprezzando il lavoro, si mantiene sul vago, forse per convenienza. Invece alcuni si sono 'sdati'.

(Marco) Qualcuno si è divertito. Nelle recensioni dei miei dischi, succede che il giornalista si diverte a tirare fuori delle cose poetiche, dei confronti. La recensione diventa un dialogo tra loro e il disco, poi magari a chi può essere interessato non dicono niente. Diventa una recensione molto personale, il che può essere anche bello. Alcune anche molto fantasiose.

Della diffusione di musica in rete, con relative degenerazioni, cosa ne pensi?
Io sono per la "pirateria". C'è una congestione incredibile, suonano tutti e tutti possono avere spazio. Questo secondo me porta ad una superficialità. Guarda la musica dance: ha fatto grandi passi, però, musicalmente parlando, le melodie, quando ci sono, sono ridotte all'osso. Se dev'essere così, che sia veramente anarchica: che la musica non riesca più ad essere un veicolo di marketing, ma che ognuno se la faccia a modo suo e ci arrivi in maniera libera. Case discografiche fallite, e tutta una serie di vari personaggi che girano intorno a questo mondo che tornano a vendere saponette: sarebbe stupendo.

A cura di Riccardo Barlondi, Simone Civai, Sandro Dapinguente, Paolo Fidanzati

Eri sicuro di esserti mosso... ma stavi soltanto danzando intorno